Bresciaoggi: “L’Ozonoterapia insegnata ai palestinesi”
«Benvenuti a Betlemme. Vi accogliamo nella vostra vacanza come abbiamo accolto il Signore della pace. Pregate per la libertà della Palestina»: così recita, tradotto dall’inglese, un cartello posto all’ingresso della piazza della Natività a Betlemme, sulla quale si affacciamo la basilica, una moschea, il Peace Center e il Municipio, creando un simbolismo multiculturale e multireligioso che in questo momento non è un dettaglio sottolineare. E dove si sta allestendo un grande albero di Natale, mentre per le viuzze già risplendono le luminarie colorate, un arcobaleno per ora solo visivo e non ancora metafora e simbolo di pace.
È questo lo scenario che ha accolto la delegazione bresciana arrivata sabato alla Città del Pane, per portare in dono alla municipalità gemellata con Brescia una macchina per l’ozonoterapia e effettuare la formazione ai medici palestinesi con i quali si è stretta una collaborazione sanitaria, ma anche di solidarietà politica – non a caso c’è il patrocinio dell’amministrazione bresciana. Un macchinario che tuttavia non è ancora alla Bethlem Arab Society for Reabilitation, la clinica partner, poiché le autorità israeliane, che non vedono mai di buon occhio progetti di sostegno ai palestinesi, lo tengono fermo in dogana; è stata avvertita la vice console italiana e si spera di poter risolvere la questione nelle prossime ore, in tempo per la parte formativa e pratica del corso.
Del resto, questo è solo uno dei tantissimi e se si vuole anche minori problemi causati dall’occupazione israeliana, come sa il dottor Issam Mujahed, medico palestinese che da 25 anni vive a Brescia, più anni rispetto a quelli, 17, che ha trascorso nella sua terra madre; a Brescia ha lavorato anche per l’Istituto clinico Città di Brescia, realtà che ha generosamente e prontamente finanziato la missione in corso. Mujahed in queste ore vive una situazione ancor più disagiata, poiché per raggiungere Betlemme da Hebron, dove oggi abita, le strade sono bloccate dai check point israeliani, in seguito agli ultimi casi di omicidio di ebrei da parte di palestinesi, episodi che hanno spinto i media locali a scrivere che la cosiddetta «intifada dei coltelli» ha oggi Hebron come capitale. «La situazione in Palestina è sempre tesa, non c’è molta differenza dopo le stragi di Parigi, anche perché Isis fa male soprattutto a noi musulmani. Ma noi soffriamo l’occupazione di Israele e dopo 20 anni di negoziati di pace che non hanno portato a nulla, per la non volontà di Israele di finire questo conflitto, i giovani non hanno più speranza nel futuro».
Questa parte del mondo dunque non è molto cambiata in questi ultimi giorni di attentati islamisti, eppure Betlemme si prepara al Natale, con le case che espongono gli addobbi, i negozi che vendono le statuette del presepe e il personale del Comune impegnatissimo nell’organizzazione dell’accoglienza dei pellegrini che, seppur ogni anno sempre in numero minore, affollano la basilica della Natività la notte del 24 dicembre. «Sarà un Natale di speranza, nonostante tutto, anche se nelle strade di Betlemme si rivive la sofferenza di Gesù causata dalla mancanza di pace, la stessa che vive il popolo palestinese sotto occupazione», valuta Mujahed, che dopo tanti anni non trascorrerà queste feste a Brescia, la città dove sono nati tre dei suoi quattro figli, dove ha studiato l’italiano, la professione medica, dove ha lavorato e di cui si sente cittadino: del resto anche dal suo accento emerge la sua …brescianità.
Ma prima delle pause festive (che in Palestina sono un poco differenti rispetto all’Italia, essendo questo un paese dove i cristiani sono in minoranza, sebbene sia la terra dove è nata anche questa religione) Muajhed è impegnato anche nel corso di formazione sull’ozonoterapia, che inizia lunedì, solo nella parte teorica per il blocco della macchina in frontiera e che viene tenuto da Antonella Bertolotti e Annunziata Izzo, le due donne medico della onlus bresciana Intermed esperte in ozonoterapia.
Domenica le dottoresse e la delegata alla sanità del Comune di Brescia, Donatella Albini, hanno incontrato il dottor Edmund Shehadeh, che dirige questa realtà sanitaria apolitica, areligiosa e che per motto ha la frase ripetuta più volte dal direttore durante il meeting con la delegazione italiana: «Sviluppo e formazione, non carità». Formazione, appunto, quella che le dottoresse di Intermed stanno facendo alla clinica di Betlemme, che aiuta centinaia di pazienti in tutta la Palestina, anche quelli che non hanno i mezzi per pagare le cure, nella convinzione che la sanità debba essere un diritto umano garantito universalmente.
Lo stesso proposito che ha spinto il dottore bresciano-palestinese Mujahed a lasciare il posto di lavoro sicuro alla Città di Brescia e buttarsi in vari progetti di formazione medica in Palestina, a Betlemme con quello in corso ma anche a Hebron, nell’ospedale della città dove da mesi sta tenendo ai colleghi lezioni di aggiornamento e formazione in campo radiologico: «Molti medici palestinesi non hanno il diritto alla formazione permanente, per mancanza di mezzi economici o per i divieti di spostamento imposti da Israele, quindi ogni progetto che va in questa direzione è il benvenuto. Per la salute, ma anche per la convivenza pacifica ripeto sempre, e non solo in questo momento di attacchi dell’Isis, che le istituzioni, le religioni e i cittadini devono collaborare se vogliono vivere in un mondo di pace e di giustizia».
Irene Panighetti
Bresciaoggi – Martedì 24 Novembre 2015